L’inadempienza o, comunque, la debolezza della politica e il settarismo sono cause di radicalismi e terrorismo». La comunità internazionale, invece, «si è fermata agli interventi militari, mentre dovrebbe costruire istituzioni che garantiscano uguali opportunità e luoghi nei quali i cittadini abbiano la possibilità di farsi carico del bene comune”. A braccio, poi, Francesco ha ripetuto un concetto già espresso nei mesi scorsi: «Mi fa paura quando ascolto i discorsi di certi leader dei nuovi populismi. Mi fanno ricordare i discorsi degli anni ’30 del secolo scorso». Un altro capitolo del discorso è stato riservato alla tutela delle minoranze e della libertà religiosa. «Alziamo la voce per chiederle ai governi», ha detto il Papa. «La persecuzione di cui sono vittime soprattutto ma non solo le comunità cristiane è una ferita che lacera il nostro cuore e non ci può lasciare indifferenti. Nel contempo, non accettiamo mai che chi cerca speranza per mare muoia senza ricevere soccorso o che chi giunge da lontano diventi vittima di sfruttamento sessuale, sia sottopagato o assoldato dalle mafie». Infine Francesco ha ricordato «che si rende urgente un incontro più vivo tra le diverse fedi religiose, mosso da un sincero rispetto e da un intento di pace». Il documento di Abu Dhabi, citato nel discorso, è sicuramente un esempio in tal senso.
La visita, durata in tutto poco più di quattro ore, è stata divisa in due parti. Giunto in elicottero da Roma, il Pontefice si è recato innanzitutto alla Basilica di San Nicola per l’incontro con i vescovi. Qui è stato il cardinale Bassetti a rivolgergli il saluto ricordando che «i popoli dei Paesi rivieraschi, con l’appartenenza alla comune radice di Abramo, condividono una visione della vita e dell’uomo che, nonostante le profonde differenze, è aperta ai valori della trascendenza». Quindi dopo gli interventi degli altri presuli, il Papa ha tenuto il suo discorso e al termine è sceso nella cripta per venerare le reliquie di san Nicola. All’uscita sul sagrato, ha ringraziato il popolo cristiano per aver sostenuto con la preghiera il lavoro dei pastori («Nei momenti brutti si prega di più») e si è recato in papamobile al centro di Bari per celebrare la Messa e recitare l’Angelus (con un appello per la pace in Siria). L’ultima lettera dell’alfabeto della pace, in questo caso è stata la «r» di rivoluzione. Quella cristiana, ha rimarcato Francesco all’omelia, «che va dal nemico da odiare al nemico da amare».
Mimmo Muolo di Avvenire
25 febbraio 2020