Quale la colpa di quei cristiani in preghiera nel giorno di Pasqua? Gioire della Resurrezione di Gesù, «festa della rimozione delle pietre, in cui Dio rimuove le pietre più dure, contro cui vanno a schiantarsi speranze e aspettative», come ha detto il Papa nella veglia pasquale a San Pietro. I cristiani dello Sri Lanka sono i figli di questa «festa della rimozione delle pietre», perché tante ne hanno rimosse nella loro storia, divenendo segno di pace nel Paese. Quello che impressiona è la crudeltà con cui il terrorismo tenta di schiacciare con il masso pesante della violenza umanità e speranza. Ma i cristiani in tante situazioni complesse e dolorose sono un segno di resurrezione. Per questo sono colpiti anche qui, come negli ultimi tempi in Nigeria, Pakistan, Egitto e altrove. Ma la loro via non è quella della vendetta, che porta a essere ostaggi e pedine dell’odio, è sempre quella del Vangelo della pace e della Resurrezione.
Mentre tanti muri sorgono, i cristiani e con più tenacia i nostri fratelli e sorelle che sono nella persecuzione continuano a costruire ponti. Anche tra le religioni, come ha mostrato papa Francesco ad Abu Dhabi e in varie occasioni nei confronti dell’islam, tendendo la mano a chi è ostaggio della violenza pseudoreligiosa e cerca una via per uscirne. Di fronte alla cecità del terrorismo, le comunità cristiane continuano a vivere nella luce della Pasqua che illumina una vita secondo il comandamento dell’amore. Un amore che nell'effusione del sangue per la fede diventa martirio e unisce i fedeli di Cristo delle varie confessioni in quello che il Papa chiama l’«ecumenismo del sangue».
Marco Impagliazzo da Avvenire